Da brutto anatroccolo a zoccola
Quando Veronika venne in Italia era
soprattutto alta e magra. Si notava, ma non emergeva certo in un
gruppo numeroso. Alta 1,75, capelli castani a caschetto secondo la
moda tedesca di allora (un misto fra Caterina Caselli primo periodo e
Mastro Geppetto dei cartoni animati). Occhi grigio-celesti,
lineamenti del viso simpatici e sbarazzini, ma insomma, non uno
schianto.
Ricordo lo scetticismo dei miei
genitori e di mia sorella, che frequentavano ambienti pariolini:
“Simpatica”…“Alta”… “Beh, tanto mica te la devi
sposare!”…“ Divertitevi, siete giovani…”
Una volta mi venne a cercare
all’ospedale dove lavoravo, con una giacchetta di pelle nera e
blue-jeans a zampa d’elefante. La mia caposala la prese per un
maschio “Cosa desidera questo giovanotto?” le chiese…
Abitavo con la mia famiglia in un
complesso residenziale di 10 palazzine con piscina condominiale ,
aperta da Giugno a Settembre. Qualcosa cominciò a cambiare proprio
in piscina quando, dopo averla vista in bikini, mia madre si lasciò
scappare un: “Però, ha un bel corpo…”.
In realtà a me il suo corpo era sempre
piaciuto, anche se all’inizio non si depilava le gambe (tanto
portava sempre jeans larghi e sformati) e le ascelle. Sul pube poi
aveva un folto ciuffo di peli color castano, che proseguiva al di là
della radice delle cosce: per me era comunque eccitante; l’era del
pube rasato era ancora lontana.
Lei soffriva un po’ nel non vedersi
accettata e non so se le bastava il fatto che io le fossi comunque
vicino e la incoraggiassi.
Poi un’estate tutto cambiò: un
collega mi chiese se ero disposto a fare il medico in un villaggio
turistico in Grecia. Erano disponibili venti giorni a Settembre
(Luglio e Agosto erano già assegnati a due medici anziani che erano
nel giro da anni).
Mi dissero che potevo portarmi dietro
gratis la mia ragazza a patto che la facessi passare per mia moglie
(comunque già vivevamo insieme). Mi feci prestare la fede da un
collega e le pagai un intero pomeriggio dal parrucchiere di mia
madre. Ne uscì con una permanente di capelli ricci e di media
lunghezza, secondo la moda di allora, completamente depilata attorno
all’inguine, salvo il classico triangolo; le gambe ormai se le
depilava da sola da parecchio tempo su mia richiesta. Comprammo per
lei due o tre nuovi bikini alla moda (di allora) e partimmo.
All’arrivo nell’isola greca dove un
hotel era stato trasformato in villaggio-vacanze, con anfiteatro,
sport acquatici di ogni genere e animazione, trovammo un atmosfera
calda e rilassata, dove i clienti-turisti erano a loro agio, l’equipe
di animazione e sport simpatica e disponibile e la spiaggia favolosa.
I miei compiti consistevano in due ore
al giorno di ambulatorio medico più disponibilità per eventuali
urgenze ( ma negli eventuali casi più gravi subentrava l’ospedale
dell’isola, non lontano dal villaggio). Quindi avevo tutto il tempo
di stare in spiaggia, fare sci nautico e giocare a tennis. Veronika,
che per tutti era già mia moglie (esibivamo le fedi prestate con
disinvoltura) dava una mano come interprete con i clienti tedeschi,
svizzeri e austriaci e si godeva la vacanza.
In Grecia in quel periodo il topless
non era esattamente consentito o tollerato, ma il villaggio-hotel
aveva una spiaggia privata che confinava con un bosco da una parte e
con la spiaggia pubblica dall’altra. Ogni tanto qualche signora,
cliente del villaggio, lasciava scivolare giù con nonchalance il top
del bikini e rimaneva a seno nudo. Lo stesso facevano alcune ragazze
dell’equipe, giovani e disinibite.
Quando mettemmo piede in spiaggia il
primo giorno la mia ragazza indossava un bikini nero su un corpo
ancora privo di abbronzatura e guardandosi intorno vide qualche donna
col seno al vento e un nugolo di giovani greci che dalla spiaggia
libera passeggiavano sul bagnasciuga fino al boschetto al di là dei
confini del villaggio facendo finta di niente, ma guardando e
valutando i pochi topless presenti.
Ciò le creava un certo imbarazzo e
mantenne il costume per intero. Dopo un po’ si unì a noi la moglie
del capo-villaggio, una bruna trentenne molto bella; si sdraiò su un
lettino vicino al nostro e si tolse immediatamente la parte superiore
del bikini, rivelando un seno piccolo ma ben fatto, chiuse gli occhi
e si mise a prendere il sole.
Dopo un po’, girandosi, disse a
Veronika: “Guarda, se non approfitti ora che sei ancora bianca, ti
rimarrà il segno del bikini per tutto l’anno”. E a me, che
sedevo lì accanto: “Non ti piace di più un seno con
l’abbronzatura uniforme?”…Mi trovai a rispondere un po’
imbarazzato: “Sì, certo, forse sì…”.
La mia ragazza non ci pensò due volte:
era bocconi sul lettino, si slacciò il top del bikini, lo appoggiò
sul bordo del lettino e si girò supina, esponendo al sole e alla
spiaggia del villaggio due tette degne della pagina centrale di
Playboy. Io lo sapevo, che il suo seno era bello, ma il resto dei
presenti lo scoperse nei minuti che seguirono.
Non passarono cinque minuti da quando i
suoi capezzoli dalle larghe areole furono visibili a tutti che il
viavai di giovani e meno giovani greci lungo il bagnasciuga
raddoppiò. In più altri clienti del villaggio, per lo più anziani,
si alzarono dalle sdraio e cominciarono a percorrere la spiaggia chi
verso il mare, chi verso l’albergo facendo finta di avere un
obiettivo, ma in realtà per guardare i seni della mia ragazza.
Rendendomi conto di ciò ebbi un’erezione che dovetti nascondere
con un asciugamano, ma non mi persi un secondo dell’animazione che
si era creata.
Avevo con me la macchina fotografica e,
dopo avere scattato un paio di foto a Veronika in topless le
chiesi: "perché non andiamo nel boschetto in fondo alla spiaggia
a scattarne altre? Non si fece pregare.
Arrivati nella radura del boschetto,
senza che glielo chiedessi si sfilò il pezzo di sotto del bikini e
rimase completamente nuda. Incrociò le mani dietro la testa in modo
che le tette si sollevassero ancora un po’ (non ce ne era bisogno,
ma...)e disse: fai un po’ di foto ora! Oltre al seno era
completamente in evidenza tutta la zona pubica con il perfetto
triangolo di peli castani. La macchina fotografica stava diventando
bollente, e alcuni frequentatori della spiaggia si erano avvicinati a
una cinquantina di metri a occhi spalancati. Decidemmo quindi di
tornare in camera, dove in preda a un'eccitazione reciproca scopammo
come ricci per un'ora almeno.
La sera era in programma una serata di
gala in cui tutti gli ospiti e l’equipe dovevano essere
elegantissimi. Io avevo portato con me giacca e cravatta per ogni
evenienza, ma Veronika non aveva nulla. Ci soccorse la costumista
dell’equipe, prestandole un vestito che era usato per uno degli
spettacoli serali: un abito lungo nero di chiffon con uno spacco
vertiginoso laterale fino alla radice della coscia. Molto elegante e
“di scena”, ma forse un po’ troppo sexy. Provandolo in camera
si rese conto che comunque camminasse dallo spacco si vedevano le
mutande. All’epoca non esistevano i perizoma, così decise di
indossarlo senza niente sotto “Tanto è lungo fino alle caviglie,
chi se ne accorge…?”.
Durante la cena fu il tavolo a evitare
qualsiasi problemi, durante il ballo successivo il fatto di stare in
piedi non creò imbarazzo. I problemi invece si presentarono durante
lo spettacolo in anfiteatro. Seduta in prima fila Veronika tenne per
oltre mezz’ora le gambe attaccate fra di loro a ginocchia flesse
con il vestito ben appoggiato a coprire tutto. Ma quando fra la
stanchezza e la disattenzione accavallò le gambe, mi accorsi in poco
tempo che l’attenzione degli uomini ( e anche di alcune donne)
presenti si spostava dal palcoscenico alla prima fila dove era seduta
lei: la coscia sinistra accavallata sulla destra, era scoperta fino
alla vita e l’assenza di biancheria intima era evidente a chiunque
guardasse in quella direzione. La scena era assai gustosa ma dopo
qualche minuto diedi una leggera gomitata a Veronika indicando le
cosce con lo sguardo. Smise subito l’accavallo e drappeggiò il
vestito sulle gambe coprendo tutto.
L’attenzione tornò sullo spettacolo.
Era l’apoteosi dell’ex brutto
anatroccolo (ma mai per me che l’avevo sempre ammirata e
apprezzata).
Il giorno dopo mentre uscivo
dall’ambulatorio medico dopo le mie due ore di turno (avevo
lasciato Veronika in topless a bordo piscina) mi trovai davanti la
moglie del capo-villaggio, con un pareo sopra un bikini bianco. “Tua
moglie è nella mia camera con mio marito. Per me è normale, ogni
settimana, da almeno un mese, trova sempre qualcuna con cui scopare,
come torniamo in Italia lo lascio. Certo che con le esibizioni di
ieri tua moglie non è passata inosservata”. “Che devo fare?”
chiedo angosciato. “Hai due alternative: o mi porti in camera tua e
mi scopi finche hai fiato, o andiamo insieme nella mia a rompere le
uova nel paniere a mio marito”. Forse dieci o venti anni dopo la
prima alternativa sarebbe stata quella scelta, ma in quel momento,
no, desideravo e volevo per me la mia ragazza, ed ero in forte ansia
per quanto forse stava accadendo.
Mi guidò alla loro stanza e, arrivati
in prossimità, udimmo dei versi molto eloquenti...
La moglie aprì la porta e vidi una
scena che non dimenticherò mai: il capovillaggio sdraiato sul letto
e Veronika che gli succhiava l'uccello.
Quando ci videro lei si alzò subito,
pulendosi la bocca, lui si tirò su goffamente il costume da bagno e
disse la classica frase:"Non è come sembra..."
La moglie gli diede dello stronzo e del
porco e se ne andò via. Io presi la mia ragazza per la mano e la
portai in camera, incavolato e ferito.
Mi raccontò che la aveva avvicinata e,
con una scusa banale la aveva convinta a seguirlo. Una volta in
camera aveva le aveva aperto il pareo e aveva cercato di baciarle i
seni “Sono così belli e pieni”, diceva. Mentre lo respingeva le
aveva messo una mano fra le cosce premendo sulla parte inferiore del
bikini e dicendo: “Tu non puoi provocare gli uomini così e poi
fare la santarellina, lo so che vuoi scopare… Ricordati che posso
far cacciare tuo marito anche domani, sono il capo qui, quindi o fai
quello che dico io o fate le valigie!".
"Va bene" aveva risposto
lei, levandosi il pareo e mostrandogli quel ben di dio di tette che
avevano deliziato la spiaggia il giorno prima.
"Pensi che mi basti guardarti,
bella? Prendimelo in bocca e succhiamelo!". Così dicendo aveva
esposto il suo cazzo eretto e le aveva spinto il viso nella sua
direzione. Pochi secondi dopo eravamo entrati io e la moglie, per
fortuna prima che lui potesse eiacularle in bocca come aveva
programmato.
La mattina successiva il capo-villaggio
era venuto da noi per scusarsi, dicendo che era ubriaco e per evitare
che, partendo subito, gli causassimo problemi con la direzione
generale che potevano prevedere anche il licenziamento.
Decidemmo di metterci una pietra sopra
e nei giorni successivi ebbi molta più libertà, limitando le ore di
ambulatorio a una al giorno e tenendomi stretta la mia ragazza che si
era trasformata molto rapidamente da anatroccolo a cigno...
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