giovedì 17 marzo 2016

Da brutto anatroccolo a zoccola


Da brutto anatroccolo a zoccola

Quando Veronika venne in Italia era soprattutto alta e magra. Si notava, ma non emergeva certo in un gruppo numeroso. Alta 1,75, capelli castani a caschetto secondo la moda tedesca di allora (un misto fra Caterina Caselli primo periodo e Mastro Geppetto dei cartoni animati). Occhi grigio-celesti, lineamenti del viso simpatici e sbarazzini, ma insomma, non uno schianto.

Ricordo lo scetticismo dei miei genitori e di mia sorella, che frequentavano ambienti pariolini: “Simpatica”…“Alta”… “Beh, tanto mica te la devi sposare!”…“ Divertitevi, siete giovani…”

Una volta mi venne a cercare all’ospedale dove lavoravo, con una giacchetta di pelle nera e blue-jeans a zampa d’elefante. La mia caposala la prese per un maschio “Cosa desidera questo giovanotto?” le chiese…

Abitavo con la mia famiglia in un complesso residenziale di 10 palazzine con piscina condominiale , aperta da Giugno a Settembre. Qualcosa cominciò a cambiare proprio in piscina quando, dopo averla vista in bikini, mia madre si lasciò scappare un: “Però, ha un bel corpo…”.

In realtà a me il suo corpo era sempre piaciuto, anche se all’inizio non si depilava le gambe (tanto portava sempre jeans larghi e sformati) e le ascelle. Sul pube poi aveva un folto ciuffo di peli color castano, che proseguiva al di là della radice delle cosce: per me era comunque eccitante; l’era del pube rasato era ancora lontana.

Lei soffriva un po’ nel non vedersi accettata e non so se le bastava il fatto che io le fossi comunque vicino e la incoraggiassi.

Poi un’estate tutto cambiò: un collega mi chiese se ero disposto a fare il medico in un villaggio turistico in Grecia. Erano disponibili venti giorni a Settembre (Luglio e Agosto erano già assegnati a due medici anziani che erano nel giro da anni).

Mi dissero che potevo portarmi dietro gratis la mia ragazza a patto che la facessi passare per mia moglie (comunque già vivevamo insieme). Mi feci prestare la fede da un collega e le pagai un intero pomeriggio dal parrucchiere di mia madre. Ne uscì con una permanente di capelli ricci e di media lunghezza, secondo la moda di allora, completamente depilata attorno all’inguine, salvo il classico triangolo; le gambe ormai se le depilava da sola da parecchio tempo su mia richiesta. Comprammo per lei due o tre nuovi bikini alla moda (di allora) e partimmo.

All’arrivo nell’isola greca dove un hotel era stato trasformato in villaggio-vacanze, con anfiteatro, sport acquatici di ogni genere e animazione, trovammo un atmosfera calda e rilassata, dove i clienti-turisti erano a loro agio, l’equipe di animazione e sport simpatica e disponibile e la spiaggia favolosa.

I miei compiti consistevano in due ore al giorno di ambulatorio medico più disponibilità per eventuali urgenze ( ma negli eventuali casi più gravi subentrava l’ospedale dell’isola, non lontano dal villaggio). Quindi avevo tutto il tempo di stare in spiaggia, fare sci nautico e giocare a tennis. Veronika, che per tutti era già mia moglie (esibivamo le fedi prestate con disinvoltura) dava una mano come interprete con i clienti tedeschi, svizzeri e austriaci e si godeva la vacanza.

In Grecia in quel periodo il topless non era esattamente consentito o tollerato, ma il villaggio-hotel aveva una spiaggia privata che confinava con un bosco da una parte e con la spiaggia pubblica dall’altra. Ogni tanto qualche signora, cliente del villaggio, lasciava scivolare giù con nonchalance il top del bikini e rimaneva a seno nudo. Lo stesso facevano alcune ragazze dell’equipe, giovani e disinibite.

Quando mettemmo piede in spiaggia il primo giorno la mia ragazza indossava un bikini nero su un corpo ancora privo di abbronzatura e guardandosi intorno vide qualche donna col seno al vento e un nugolo di giovani greci che dalla spiaggia libera passeggiavano sul bagnasciuga fino al boschetto al di là dei confini del villaggio facendo finta di niente, ma guardando e valutando i pochi topless presenti.

Ciò le creava un certo imbarazzo e mantenne il costume per intero. Dopo un po’ si unì a noi la moglie del capo-villaggio, una bruna trentenne molto bella; si sdraiò su un lettino vicino al nostro e si tolse immediatamente la parte superiore del bikini, rivelando un seno piccolo ma ben fatto, chiuse gli occhi e si mise a prendere il sole.

Dopo un po’, girandosi, disse a Veronika: “Guarda, se non approfitti ora che sei ancora bianca, ti rimarrà il segno del bikini per tutto l’anno”. E a me, che sedevo lì accanto: “Non ti piace di più un seno con l’abbronzatura uniforme?”…Mi trovai a rispondere un po’ imbarazzato: “Sì, certo, forse sì…”.

La mia ragazza non ci pensò due volte: era bocconi sul lettino, si slacciò il top del bikini, lo appoggiò sul bordo del lettino e si girò supina, esponendo al sole e alla spiaggia del villaggio due tette degne della pagina centrale di Playboy. Io lo sapevo, che il suo seno era bello, ma il resto dei presenti lo scoperse nei minuti che seguirono.

Non passarono cinque minuti da quando i suoi capezzoli dalle larghe areole furono visibili a tutti che il viavai di giovani e meno giovani greci lungo il bagnasciuga raddoppiò. In più altri clienti del villaggio, per lo più anziani, si alzarono dalle sdraio e cominciarono a percorrere la spiaggia chi verso il mare, chi verso l’albergo facendo finta di avere un obiettivo, ma in realtà per guardare i seni della mia ragazza. Rendendomi conto di ciò ebbi un’erezione che dovetti nascondere con un asciugamano, ma non mi persi un secondo dell’animazione che si era creata.

Avevo con me la macchina fotografica e, dopo avere scattato un paio di foto a Veronika in topless le chiesi: "perché non andiamo nel boschetto in fondo alla spiaggia a scattarne altre? Non si fece pregare.

Arrivati nella radura del boschetto, senza che glielo chiedessi si sfilò il pezzo di sotto del bikini e rimase completamente nuda. Incrociò le mani dietro la testa in modo che le tette si sollevassero ancora un po’ (non ce ne era bisogno, ma...)e disse: fai un po’ di foto ora! Oltre al seno era completamente in evidenza tutta la zona pubica con il perfetto triangolo di peli castani. La macchina fotografica stava diventando bollente, e alcuni frequentatori della spiaggia si erano avvicinati a una cinquantina di metri a occhi spalancati. Decidemmo quindi di tornare in camera, dove in preda a un'eccitazione reciproca scopammo come ricci per un'ora almeno.


La sera era in programma una serata di gala in cui tutti gli ospiti e l’equipe dovevano essere elegantissimi. Io avevo portato con me giacca e cravatta per ogni evenienza, ma Veronika non aveva nulla. Ci soccorse la costumista dell’equipe, prestandole un vestito che era usato per uno degli spettacoli serali: un abito lungo nero di chiffon con uno spacco vertiginoso laterale fino alla radice della coscia. Molto elegante e “di scena”, ma forse un po’ troppo sexy. Provandolo in camera si rese conto che comunque camminasse dallo spacco si vedevano le mutande. All’epoca non esistevano i perizoma, così decise di indossarlo senza niente sotto “Tanto è lungo fino alle caviglie, chi se ne accorge…?”.

Durante la cena fu il tavolo a evitare qualsiasi problemi, durante il ballo successivo il fatto di stare in piedi non creò imbarazzo. I problemi invece si presentarono durante lo spettacolo in anfiteatro. Seduta in prima fila Veronika tenne per oltre mezz’ora le gambe attaccate fra di loro a ginocchia flesse con il vestito ben appoggiato a coprire tutto. Ma quando fra la stanchezza e la disattenzione accavallò le gambe, mi accorsi in poco tempo che l’attenzione degli uomini ( e anche di alcune donne) presenti si spostava dal palcoscenico alla prima fila dove era seduta lei: la coscia sinistra accavallata sulla destra, era scoperta fino alla vita e l’assenza di biancheria intima era evidente a chiunque guardasse in quella direzione. La scena era assai gustosa ma dopo qualche minuto diedi una leggera gomitata a Veronika indicando le cosce con lo sguardo. Smise subito l’accavallo e drappeggiò il vestito sulle gambe coprendo tutto.

L’attenzione tornò sullo spettacolo.

Era l’apoteosi dell’ex brutto anatroccolo (ma mai per me che l’avevo sempre ammirata e apprezzata).

Il giorno dopo mentre uscivo dall’ambulatorio medico dopo le mie due ore di turno (avevo lasciato Veronika in topless a bordo piscina) mi trovai davanti la moglie del capo-villaggio, con un pareo sopra un bikini bianco. “Tua moglie è nella mia camera con mio marito. Per me è normale, ogni settimana, da almeno un mese, trova sempre qualcuna con cui scopare, come torniamo in Italia lo lascio. Certo che con le esibizioni di ieri tua moglie non è passata inosservata”. “Che devo fare?” chiedo angosciato. “Hai due alternative: o mi porti in camera tua e mi scopi finche hai fiato, o andiamo insieme nella mia a rompere le uova nel paniere a mio marito”. Forse dieci o venti anni dopo la prima alternativa sarebbe stata quella scelta, ma in quel momento, no, desideravo e volevo per me la mia ragazza, ed ero in forte ansia per quanto forse stava accadendo.

Mi guidò alla loro stanza e, arrivati in prossimità, udimmo dei versi molto eloquenti...

La moglie aprì la porta e vidi una scena che non dimenticherò mai: il capovillaggio sdraiato sul letto e Veronika che gli succhiava l'uccello.

Quando ci videro lei si alzò subito, pulendosi la bocca, lui si tirò su goffamente il costume da bagno e disse la classica frase:"Non è come sembra..."

La moglie gli diede dello stronzo e del porco e se ne andò via. Io presi la mia ragazza per la mano e la portai in camera, incavolato e ferito.

Mi raccontò che la aveva avvicinata e, con una scusa banale la aveva convinta a seguirlo. Una volta in camera aveva le aveva aperto il pareo e aveva cercato di baciarle i seni “Sono così belli e pieni”, diceva. Mentre lo respingeva le aveva messo una mano fra le cosce premendo sulla parte inferiore del bikini e dicendo: “Tu non puoi provocare gli uomini così e poi fare la santarellina, lo so che vuoi scopare… Ricordati che posso far cacciare tuo marito anche domani, sono il capo qui, quindi o fai quello che dico io o fate le valigie!".

"Va bene" aveva risposto lei, levandosi il pareo e mostrandogli quel ben di dio di tette che avevano deliziato la spiaggia il giorno prima.

"Pensi che mi basti guardarti, bella? Prendimelo in bocca e succhiamelo!". Così dicendo aveva esposto il suo cazzo eretto e le aveva spinto il viso nella sua direzione. Pochi secondi dopo eravamo entrati io e la moglie, per fortuna prima che lui potesse eiacularle in bocca come aveva programmato.


La mattina successiva il capo-villaggio era venuto da noi per scusarsi, dicendo che era ubriaco e per evitare che, partendo subito, gli causassimo problemi con la direzione generale che potevano prevedere anche il licenziamento.

Decidemmo di metterci una pietra sopra e nei giorni successivi ebbi molta più libertà, limitando le ore di ambulatorio a una al giorno e tenendomi stretta la mia ragazza che si era trasformata molto rapidamente da anatroccolo a cigno...

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