Dopo la punizione corporale, da lei
stessa richiesta e subita senza storie, il suo atteggiamento era
stato ben diverso rispetto a prima della sua storia. Prendeva più
spesso l’iniziativa in campo sessuale e la frequenza e intensità
dei nostri rapporti era aumentata considerevolmente.
C’era un problema.
Io non potevo fare a meno mentre
facevamo l’amore di pensare e immaginare le stesse scene con
l’altro, magari rivedendole nella mia mente ancora più calde.
Questo con mia sorpresa, aumentava la mia eccitazione e il mio gusto
al momento dell’orgasmo.
Lei invece un giorno mentre eravamo
sdraiati nudi dopo una scopata molto soddisfacente per entrambi mi
confessò che non aveva mai goduto tanto con me quanto dopo la
punizione di qualche tempo prima, quando la avevo penetrata con assai
poca delicatezza mentre il suo sedere era ancora rosso per le
cinghiate prese.
“Cosa mi vuoi dire?” le chiesi “sei
improvvisamente diventata masochista?”.
“No, non credo, ma anche durante la
mia storia io pensavo a cosa sarebbe successo quando l’avresti
scoperto, perché sapevo che era inevitabile che tutto venisse fuori,
prima o poi, e avvertivo dei brividi di paura e di piacere al tempo
stesso”.
A questo punto le confessai che
rivivere con la mente le sue prestazioni sessuali con l’amante mi
eccitava, in particolare immaginare il suo uccello per intero nella
sua bocca mentre lei lo succhiava furiosamente, ingoiando poi lo
sperma.
Capimmo entrambi che si stava
instaurando fra di noi un rapporto nuovo, che avevamo il modo di
allontanare la noia di un matrimonio che durava da quasi 23 anni.
La sera successiva mi chiese con aria
maliziosa: “Vuoi che ti racconti quello che facevo con Gianni?”.
La guardai e vidi nei suoi occhi una grande carica erotica. Risposi:
“Restiamo vestiti, mentre racconti?”.
Per tutta risposta cominciò a
spogliarsi e rimase in reggiseno e mutandine. Feci lo stesso e rimasi
in boxer.
“Perché non prendi la tua cintura”
mi chiese “Così se qualcosa che racconto ti ferisce puoi punirmi
subito…”
Ma avevo di meglio, una racchetta da
ping-pong, che con il suo manico corto era molto più maneggevole
stando seduti e non mi avrebbe costretto a stare in piedi accanto a
letto come con la lunga cintura usata l’altra volta.
“Credo che non ci sia stata una sola
volta che ci siamo incontrati senza fare sesso. Non ne potevamo fare
a meno”.
“Scusa, ma ogni volta avevate un
letto a disposizione?”.
“Innanzitutto sai che lui è separato
e che ha la casa sempre libera. Ma anche quando ci incontravamo fuori
senza che la giornata finisse a casa sua, qualcosa c’è stato
sempre. Minimo una sega o un pompino. Una volta gli feci una sega in
ascensore, con la gente di sotto che batteva sulla porta e che quando
siamo scesi ci ha guardato facendo capire chiaramente che
immaginavano cosa era successo”.
“Puttana!” le dissi, ma intanto il
mio uccello era già rigido al massimo. La feci girare a pancia sotto
sul divano e le tirai giù le mutandine fino alle ginocchia. Poi le
diedi sei racchettate sul culo scoperto, tre per natica, provocando
due circoli rossi. Non disse nemmeno “Ahi!”, ma solo un grugnito
che non sapevo se fosse di piacere o di dolore.
Si girò di nuovo supina con uno
sguardo provocatorio e continuò: “Una volta lo abbiamo fatto tre
volte nella stessa sera, ha una capacità di recupero incredibile,
molto più di te”.
E si prese altre sei racchettate sul
sedere.
“Quante volte ti sei fatta inculare?”
le chiesi, senza essere certo se avrebbe risposto.
“Guarda che non giravo con il
pallottoliere” rispose. “Ma ti posso rassicurare: lui non era un
appassionato di questa pratica. Preferiva magari cambiare posizione
spesso, ma scoparmi davanti, non dietro…”.
“Quindi mai, o poche volte? Ti
ricorderai, penso se l’avete fatto”.
“Che ti devo dire, quattro, forse
cinque volte. In più di un anno non è molto”.
Era il numero approssimativo che
concedeva a me, all’anno, nei primi dieci anni di matrimonio, poi
il numero è sceso vertiginosamente.
“Non è moltissimo, ma neanche poco”
risposi “E come lo facevate: a letto, per terra, sul tavolo?”.
“Il modo migliore per tutti e due era
questo. Guarda, ti faccio vedere”. Dicendo ciò si sfilò del tutto
le mutandine e si pose a pecorina sul tappeto del salotto, con gomiti
e avambracci poggiati a terra in modo che il culo svettasse
maestosamente in mezzo alla stanza. “Diceva che sul letto le
ginocchia affondano, mentre a terra è più facile per lui gestire i
movimenti”.
“Ah sì?” dissi “allora gestisci
questi”. E approfittai della maliziosa posizione assunta per
sferrare racchettate poderose sul sedere che sembrava stesse lì
apposta per prenderle, e che diventava sempre più rosso mano a mano
che andavo avanti. Gliene sferrai almeno dieci di fila, e quando
finalmente disse “Basta, ti prego” mi fermai e mi tolsi i boxer.
Il mio membro era duro come il marmo ed eretto al massimo. Le posi la
mano sulla vagina e sentii che era tutta bagnata; usai quindi i suoi
stessi umori per lubrificarle l’ano, aiutandomi anche con un po’
di saliva. Quindi la penetrai nel culo con delicatezza mentre
entravo, ma molto meno una volta dentro. Vidi che effettivamente la
posizione sul pavimento agevolava i miei movimenti. Dalla posizione
in ginocchio mi misi accovacciato dietro di lei, controllando così
tutti i movimenti del mio bacino e potendo quindi spingere con
maggiore impeto e forza.
“Sì, sì dai, sfondami “ gridò
mia moglie, lasciandomi un po’ perplesso perché mai era ricorsa a
queste frasi in 23 anni di matrimonio. Dicendo ciò si sdraiò a
pancia sotto tirandosi dietro il mio uccello che era infilato in lei:
il suo retto ovviamente si restrinse dandomi una sensazione di
godimento immensa.
Venni subito dopo dentro di lei, poi
rimasi sdraiato a carezzarle il culo, che era tutto rosso, sulle
natiche e intorno all’orifizio anale, per le racchettate e per quel
che era seguito…
Pensai che la storia con l’amante le
aveva fatto bene, almeno in termini di ulteriore esperienza sessuale.
Ma forse aveva fatto bene anche a me e alla coppia in generale.
“La prossima volta pariamo dei
pompini” dissi.
“Si, ma aspetta almeno che il mio
sedere ritorni al suo colore naturale, temo ci vorranno almeno
quattro-cinque giorni”, rispose.
Ma non disse di no…
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